Alimentazione per sconfiggere l’herpes: cosa mangiare e cosa evitare
Ridurre il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari
Sovrappeso, familiarità per ipertensione, ipercolesterolemia, diabete, vita sedentaria, alimentazione sregolata, sono tutti fattori che concorrono ad aumentare il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari. L’incidenza di questo tipo di patologie è in continua crescita, anche in Italia, e molto si può fare per contrastare questa tendenza. Innanzitutto è importante tenere sotto controllo i parametri ematici relativi a trigliceridi, colesterolo e glicemia, il cui innalzamento oltre i valori medi è sicuramente sintomo di qualcosa che non va come dovrebbe e che dovremmo correggere nel nostro stile di vita e nella nostra alimentazione.
Dovremmo abbandonare cattive abitudini, quali il fumo e la sedentarietà, cominciando a praticare dell’attività fisica, che può anche consistere in delle lunghe passeggiate all’aria aperta due o tre volte a settimana e nello sfruttare qualsiasi occasione per aumentare la quantità di movimento che svolgiamo ogni giorno. Anche fare le pulizie in casa è un ottimo modo per muoverci! Se abbiamo accumulato dei chili in eccesso, sarebbe meglio cercare di eliminarli con una alimentazione adeguata in termini quantitativi e qualitativi. A questo proposito, un recente studio [1] ha dimostrato che è possibile ridurre significativamente i livelli di trigliceridi, emoglobina glicosilata e proteina C reattiva (una molecola coinvolta nei processi infiammatori) in individui affetti da diabete di tipo 2 riducendo la quantità di grassi e zuccheri semplici ed aumentando invece il quantitativo di fibre nella dieta. Infatti, chi ha già sviluppato il diabete ha probabilità ancor maggiori di sviluppare patologie cardiovascolari importanti rispetto a persone sane.
Una buona strategia è quella di sostituire i cibi ricchi di zuccheri semplici e ad alto indice glicemico con cibi a base di cereali integrali a basso indice glicemico. I cereali integrali, per il loro elevato contenuto di fibre apportano infatti numerosi benefici alla nostra salute sia perché aiutano il controllo glicemico e insulinemico, sia perché ci aiutano a perdere peso e a ridurre il senso di fame. Uno studio statunitense pubblicato lo scorso febbraio ha preso in considerazione due gruppi composti ognuno da uomini e donne in menopausa. Per sei settimane, ai componenti del primo gruppo è stato fatto seguire un regime alimentare ricco di cereali integrali e a quelli del secondo gruppo un regime dietetico ricco in cereali raffinati pur con lo stesso apporto calorico. Al termine di questo periodo sono stati valutati vari parametri, fra cui il peso corporeo, il metabolismo basale ed il controllo glicemico, tutti migliorati nei soggetti che avevano seguito una dieta ricchi in cereali integrali [2].
Approfittiamo dunque della generosità del nostro territorio che stagionalmente ci offre una gran varietà di cereali e verdure per aumentare il contenuto di fibre nella nostra dieta. La nostra salute e, perché no, la nostra linea ne trarranno importanti benefici!
[1]Vitale M., Masulli M., Rivellese A.A. et al. Influence of dietary fat and carbohydrates proportions on plasma lipids, glucose control and low-grade inflammation in patients with type 2 diabetes. Eu. J. Nutr. (2016) 55, 1645–1651.
[2]Karl J.P., Meydani M., Barnett J.B. et al. Substituting whole grains for refined grains in a 6-wk randomized trial favorably affects energy-balance metrics in healthy men and postmenopausal women. Am. J. Clin. Nutr. (2017) 105.
I dolcificanti artificiali e i rischi per la salute
“I dolcificanti artificiali inducono intolleranza al glucosio alterando il microbiota intestinale.”
E’ questo il titolo di un lavoro scientifico pubblicato sulla rivista Nature lo scorso ottobre da un gruppo di ricercatori israeliani [1].
I dolcificanti artificiali sono fra i più diffusi additivi alimentari utilizzati nel mondo e a causa del loro basso contenuto calorico sono generalmente considerati sicuri e utili, soprattutto per i soggetti che hanno problemi di peso. Tuttavia nel mondo scientifico sono sorti molti dubbi riguardo la loro sicurezza.
Molti dolcificanti artificiali passano attraverso il tratto gastro-intestinale senza essere digeriti [2] e quindi entrano direttamente a contatto con il microbiota intestinale, cioè con la flora batterica che colonizza normalmente le vie digerenti e che ha un ruolo fondamentale in molti processi fisiologici. Il microbiota intestinale, infatti, ha un ruolo chiave nello sviluppo di stati di sovrappeso, obesità, diabete e sindrome metabolica [3,4].
In questo studio sono stati utilizzati gruppi di topi a cui sono stati somministrati acqua e glucosio e gruppi a cui sono stati somministrati dolcificanti artificiali. Questi ultimi hanno sviluppato intolleranza al glucosio (una condizione in cui il glucosio presente nel sangue assume valori elevati). Inoltre, la composizione della loro flora batterica è risultata significativamente alterata rispetto ai topi alimentati con acqua e glucosio, dimostrando l’effetto diretto dei dolcificanti sul microbiota intestinale.
Gli stessi autori hanno voluto confermare gli effetti dei dolcificanti artificiali sull’uomo analizzando vari parametri clinici di individui sani che facevano consumo abituale di dolcificanti artificiali. Tali parametri (aumento del peso corporeo, glicemia a digiuno, valori dell’emoglobina glicosilata e di enzimi epatici) sono risultati significativamente alterati rispetto a quelli di individui che non facevano uso di dolcificanti artificiali, dimostrando il rapporto diretto fra uso abituale di dolcificanti e sviluppo di patologie metaboliche. Viene dimostrato quindi che l’abuso di dolcificanti non calorici negli ultimi anni ha contribuito direttamente allo sviluppo di quelle stesse patologie che tali sostanze avevano lo scopo di combattere.
Queste conclusioni confermano i risultati di studi precedenti che hanno già evidenziato che molti dei ceppi batterici che subiscono modifiche in seguito al consumo di dolcificanti artificiali sono associati allo sviluppo di diabete di tipo 2 ed obesità nell’uomo [4,5].
In conclusione, quando vogliamo concederci un caffè o una bibita addolciamola con il comune zucchero avendo cura di moderarne la quantità.
[1] Suez J. et al. Artificial sweeteners induce glucose intolerance by altering the gut microbiota. Nature (2014) 514, 181-186.
[2] Roberts A., Renwick A.G., Sims J. and Snodin D.J. Sucralose metabolism and pharmacokinetics in man. Food Chem Toxicol (2000) 38 (Suppl.2), 31-34.
[3] Ley R.E., Turnbaugh P.J., Klein S. and Gordon J.I. Microbial ecology: human gut microbes associated with obesity. Nature (2006) 444, 1022-1023.
[4] Qin J. et al. A metagenome-wide association study of gut microbiota in type 2 diabetes. Nature (2012) 490, 55-60.
[5] Karlsson F.H. et al. Gut metagenome in European women with normal, impaired and diabetic glucose control. Nature (2013) 498, 99-103.
L’obesità infantile
L’incidenza dell’obesità infantile negli ultimi anni è in rapida ascesa, anche in Italia. Infatti, un’indagine promossa dal Ministero della Salute stima che il 10% dei bambini di età compresa fra i 6 e gli 11 anni sia obeso e che il 22% sia in sovrappeso [1].
Numerosi studi dimostrano che sovrappeso ed obesità durante l’infanzia e l’adolescenza sono altamente correlati con sovrappeso ed obesità in età adulta. I risultati di un noto studio di Aviva Must e dei suoi collaboratori [2] mostrano come il sovrappeso durante l’adolescenza sia correlato con un aumento dell’incidenza di patologie e della mortalità da adulti per malattie cardiovascolari ed altri disturbi cronici. Inoltre, anche i soggetti che perdono peso in età adulta a seguito di condizioni di obesità sviluppate durante l’adolescenza, rischiano gravi problemi di salute, suggerendo che è proprio durante l’adolescenza che l’obesità può attivare meccanismi associati a rischi in età adulta.
Più recentemente si sta anche rivelando il ruolo potenziale della crescita nel periodo intrauterino e durante il primo anno di vita come predittore di rischio cardiovascolare e obesità in età adulta [3].
Così come gli adulti, i bambini in moderato sovrappeso mostrano un aumento nei livelli di colesterolo LDL (il cosiddetto “colesterolo cattivo”), mentre bambini obesi mostrano anche aumenti nei livelli di trigliceridi ed, a volte, un aumento della pressione arteriosa oltre al diabete di tipo 2 [4, 5]. Altri problemi di salute associati con l’obesità e il sovrappeso nei bambini sono steatosi epatica ed epatiti, infezioni fungine della pelle, problemi osteoarticolari e, non per ultimi, problemi del comportamento che includono mancanza di autostima, depressione, ansietà, tendenza all’isolamento [6].
Spesso non è possibile individuare le vere cause dell’obesità infantile poiché solo raramente essa è dovuta ad alterazioni nei livelli ormonali. Più spesso, invece, è il risultato di una serie di ragioni quali una cattiva alimentazione, una scarsa attività fisica e sbagliate abitudini di vita. Senza dubbio, infatti, un ruolo chiave nell’obesità infantile è svolto dall’ambiente familiare, ossia dalle abitudini alimentari e dallo stile di vita che la famiglia propone al bambino. E’ fondamentale offrire al bambino un’alimentazione adeguata alla sua età sia in termini di quantità che di qualità degli alimenti, insegnargli a mangiare e ad apprezzare i cibi della nostra tradizione e coinvolgerlo nella preparazione dei pasti.
E’ necessario insegnare ai bambini e agli adolescenti a mangiare in modo sano e ad apprezzare i sapori semplici, ben diversi da quelli che l’industria e il marketing ci propongono quotidianamente. Basta dedicare ai nostri bambini un po’ del nostro tempo e non lasciarli a se stessi di fronte ad un frigorifero, spesso pieno di “calorie vuote”. A ciò si deve naturalmente associare l’attività fisica, nel rispetto dell’età e delle preferenze del bambino stesso, allo scopo di evitare la sedentarietà e l’isolamento. Osservare criticamente i nostri bambini è la chiave per intervenire in tempo evitando loro seri problemi.
[1] Istituto Superiore di Sanità, OKkio alla SALUTE: Sintesi dei risultati 2012.
[2] Must A., Jacques P.F., Dallal G.E., Bajema C.J., Dietz W.H. Long term morbidity and mortality of overweight adolescents: a follow-up of the Harvard Growth Study of 1922 to 1935. N. Engl. J. Med. (1992) 327, 1350-1355.
[3] Dietz W.H., Gortmaker S.L. .Preventing obesity in children and adolescents. Annu. Rev. Public Health. (2001) 22, 337–353.
[4] Pinhas-Hamiel O., Dolan L.M., Daniels S.R., Standiford D., Khoury P.R., Zeitler P. Increased incidence of non-insulin-dependent diabetes mellitus among adolescents. J. Pediatr. (1996) 128, 608–615.
[5] Couch S.C., Cross A.T., Kida K., Ross E., Plaza I., Shea S., Deckelbaum R. Rapid Westernization of children’s blood cholesterol in 3 countries: evidence for nutrient-gene interactions? Am. J. Clin. Nutr. (2000) 72(5 suppl), 1266S-1274S.
[6] Williams C.L. Can childhood obesity be prevented? Bendich A., Deckelbaum R.J. , eds. Primary and Secondary Preventive Nutrition. Totowa, NJ: Humana Press (2001) 185–204.
L’azione dei probiotici
Un articolo di Bermudez-Brito e suoi collaboratori [1] descrive come i probiotici siano dei veri alleati della nostra salute.
Secondo la definizione della FAO (Food and Agriculture Organization) i probiotici sono microorganismi vivi che si trovano nell’intestino e che esercitano un’azione benefica sulla nostra salute quando somministrati in dosi appropriate [2]. Affinché dei microorganismi vengano considerati probiotici devono soddisfare alcuni requisiti, quali la tolleranza alle condizioni gastrointestinali (dove sono presenti acidi gastrici e bile), la capacità di aderire alla mucosa gastrointestinale e l’esclusione competitiva dei patogeni (cioè la loro presenza deve impedire il proliferare di microorganismi patogeni) [3].
I probiotici sono comunemente noti come flora intestinale o, meglio, come microbiota intestinale. Ne fanno parte i ceppi appartenenti ai Bifidobatteri e ai Lattobacilli, che sono anche i probiotici più utilizzati negli integratori alimentari e presenti in molti cibi.
I risultati di studi effettuati sull’uomo e su modelli animali mostrano come i probiotici abbiano effetti positivi contro molte malattie e disturbi [4], essi sono infatti efficaci nella soppressione della diarrea, alleviano i sintomi dell’intolleranza al lattosio, sono utili nel trattamento delle complicanze post-operatorie, hanno un ruolo contro il cancro del colon-retto, riducono i sintomi della sindrome del colon irritabile, prevengono malattie infiammatorie del colon. Le proprietà benefiche dei probiotici però sono specifiche per ceppo e quindi le proprietà di un ceppo non si applicano necessariamente ad un altro [5]. Di seguito vengono descritte più nel dettaglio alcuni dei meccanismi d’azione dei probiotici.
Poiché i probiotici idrolizzano alcuni carboidrati (cioè li rompono riducendoli in composti più semplici) essi svolgono un ruolo fondamentale nel facilitare la digestione e quindi l’assorbimento dei nutrienti. Allo stesso tempo essi hanno un ruolo nel mantenimento e nel rafforzamento della barriera intestinale, che è il principale meccanismo di difesa per mantenere l’integrità dell’epitelio e per proteggere l’organismo dall’ambiente esterno. Una volta che questa barriera è danneggiata, batteri e antigeni provenienti dal cibo possono raggiungere la sottomucosa e indurre una risposta infiammatoria, che può risultare in disordini intestinali.
I probiotici sono in grado di produrre sostanze antimicrobiche quali l’acido acetico e l’acido lattico che hanno un forte effetto inibitorio verso molti batteri patogeni [6]. In particolare, i Lattobacilli e i Bifidobatteri sono efficaci contro l’Escherichia coli, la Salmonella, l’Helicobacter pylori, la Lysteria monocytogenes ed il Rotavirus [7, 8, 9].
Gli stessi probiotici sono inoltre in grado di produrre vari acidi grassi benefici per la salute, come ad esempio l’acido linoleico coniugato, che è stato identificato come un potente agente anticancerogeno [10] e con probabili effetti anti-obesità [11].
E’ noto che i probiotici hanno la proprietà di potenziare il sistema immunitario attraverso specifiche interazioni con i linfociti presenti nel sangue e le cellule epiteliali dell’intestino e pertanto si prestano ad applicazioni preventive e terapeutiche per vari disordini gastrointestinali. Inoltre è possibile utilizzarli nella profilassi delle infezioni delle vie respiratorie o per aumentare la risposta degli anticorpi in seguito alla somministrazione di un vaccino [12, 13].
L’assunzione di probiotici è molto utile nei neonati che vengono allattati con latte formulato favorendo la produzione di immunoglobuline che i neonati allattati al seno assumono tramite il latte materno. Studi pediatrici hanno infatti dimostrato l’efficacia dei probiotici nel ridurre i sintomi della gastroenterite infettiva [14], soprattutto nelle infezioni da Rotavirus [15].
Al termine di questa veloce carrellata sui meccanismi d’azione dei probiotici è importante sottolineare che, tuttavia, sono necessari ulteriori studi per la comprensione dei processi alla base della loro azione che potrebbero rivelarsi fondamentali anche nello sviluppo di nuove strategie per il trattamento di malattie gastrointestinali ed autoimmuni.
[1] Bermudez-Brito M., Plaza-Díaz J., Muñoz-Quezada S., Gómez-Llorente C., Gil A. Probiotic mechanisms of action. Ann. Nutr. Metab. (2012) 61, 160-74.
[2] FAO/WHO: Health and nutritional properties of probiotics in food including powder milk with live lactic acid bacteria. (2001).
[3] Collins J.K., Thornton G., Sullivan G.O. Selection of probiotic strains for human application. Int. Dairy J. (1998) 8, 487–490.
[4] Yan F., Polk D.B. Probiotics and immune health. Curr. Opin. Gastroenterol. (2011) 27, 496–501.
[5] Williams N.T. Probiotics. Am. J. Health System Pharm. (2010) 67, 449–458.
[6] Russell J.B., Diez-Gonzalez F. The effects of fermentation acids on bacterial growth. Adv. Microb. Physiol. (1998) 39, 205–234.
[7] Chenoll E., Casinos B., Bataller E., Astals P., Echevarría J., Iglesias J.R., Balbarie P., Ramón D., Genovés S. Novel probiotic Bifidobacterium bifidum CECT 7366 strain active against the pathogenic bacterium Helicobacter pylori. Appl. Environ. Microbiol. (2011) 77, 1335–1343.
[8] Tsai C.C., Lin P.P., Hsieh Y.M. Three Lactobacillus strains from healthy infant stool inhibit enterotoxigenic Escherichia coli grown in vitro. Anaerobe (2008) 14, 61–67.
[9] Muñoz J.A., Chenoll E., Casinos B., Bataller E., Ramón D., Genovés S., Montava R., Ribes J.M., Buesa J., Fàbrega J., Rivero M. Novel probiotic Bifidobacterium longum subsp. infantis CECT 7210 strain active against rotavirus infections. Appl. Environ. Microbiol. (2011) 77, 8775–8783.
[10] O’Shea E.F., Cotter P.D., Stanton C., Ross R.P., Hill C. Production of bioactive substances by intestinal bacteria as a basis for explain-ing probiotic mechanisms: bacteriocins and conjugated linoleic acid. Int. J. Food Microbiol. (2012) 152, 189–205.
[11] Lee K., Paek K., Lee H.Y., Park J.H., Lee Y. Antiobesity effect of trans-10,cis-12-conjugated linoleic acid-producing Lactobacillus plantarum PL62 on diet-induced obese mice. J. Appl. Microbiol. (2007) 103, 1140–1146.
[12] Kaur I.P., Chopra K., Saini A. Probiotics: potential pharmaceutical applications. Eur. J. Pharm. Sci. (2002) 15, 1-9.
[13] Perdigon G., Alvarez S., Medina M., et al. Influence of the oral administration of lactic acid bacteria on IgA producing cells associated to bronchus. Int. J. Immunopathol. Pharmacol. (1999) 12, 97-102.
[14] Davidson G.P., Butler R.N. Probiotics in pediatric gastrointestinal disorders. Curr. Opin. Pediatr. (2000) 12, 477-81.
[15] Mastretta E., Longo P., Laccisaglia A., et al. Effect of Lactobacillus GG and breast-feeding in the prevention of rotavirus nosocomial infection. J. Pediatr. Gastroenterol. Nutr. (2002) 35, 527-31.